Il Partito democratico si unisce alla protesta contro Passaggio al bosco, l'editore accusato di neofascismo. L'iniziativa della sinistra è stato un sit-in per manifestare idee finora appannaggio di scrittori in cerca dei soliti quindici minuti di fama. In aggiunta, per dimostrare spirito di confronto e apertura al dibattito, il leader dei democratici convenuti, Enzo Foschi, ha ritenuto opportuno non rispondere alle domande del Giornale. Poi ha ripreso a parlare di libertà d'espressione come niente fosse. Però, che statura politica, che capacità di argomentare. Dispiace dirlo ma la questione è molto semplice. Primo caso. Si teme che i libri di Passaggio al bosco infrangano la legge. Bene. Si va in tribunale, esponendosi alle sonore risate del collegio giudicante. Secondo caso. Nessuno crede che i libri di Passaggio al bosco infrangano la legge. Bene. Non c'è alcun motivo per boicottare la casa editrice e chiederne l'esclusione. I sedicenti scrittori possiamo capirli. Per convincersi di esistere, devono gonfiare il petto e mostrare la propria superiorità morale (immaginaria). Invece, non possiamo capire quando i partiti, che dovrebbero rispettare il Diritto, si mettono a scimmiottare gli autoproclamati guardiani della Salute pubblica. Alla fine, non è una cosa seria. Non è in gioco la legalità ma il piacere irresistibile di esercitare una censura mascherata da virtù civica. E questo vale per tutti, per i sedicenti scrittori e i sedicenti democratici del Partito democratico. Mentre i boicottatori si pavoneggiano, il pubblico, per niente interessato al teatrino, visita con curiosità lo stand di Passaggio al bosco, chiedendo soprattutto informazioni sul saggio di Gabriele Caramelli dedicato a Charlie Kirk, l'attivista cristiano (e libertario) ucciso tre mesi fa dalla fucilata di un invasato fedele alla cultura woke. Ironia della sorte: lo zelo iconoclasta dei censori offre la migliore pubblicità a ciò che vogliono bandire.

