Il caso di Francesca Albanese, non è Francesca Albanese. L'Italia è piena di maestrini sostanzialmente antisemiti. In migliaia urlano dal fiume al mare, non comprendendo cosa voglia dire. Il caso di Francesca Albanese è piuttosto il favoloso credito che ha ricevuto dalle istituzioni: sindaci, politici, parlamentari, presidenti degli ordini degli avvocati, università, rettori. A luglio quando il sindaco di Bari, apriva la strada alla santificazione laica della maestrina, ho preso e me ne sono andato da una città che amo. Era già tutto scritto: la giurista (la non avvocata come scrive Riccardo Puglisi) le aveva già dette tutte su Israele, Hamas e sul nostro occidente colonialista. Erano anni che conoscevamo il pensiero estremista della Albanese.
La domanda è dunque perché ci sono caduti. L'Albanese è sempre stata ferma sulle sue posizioni. Non le ha mai cambiate, né aggravate, né edulcorate.
A differenza di quanto si sostiene nei circoli che contano, la sinistra non ha più una classe dirigente culturale. Non ha ispiratori e ispirazioni. Non ha, in buona sostanza, un pensiero. Ha qualche fenomeno da talk show, di cui abusiamo compiaciuti, intorno al quale stringersi a coorte.
Chiuso il capitolo Albanese, oggi si apre quello Barbero. Storico e icona della sinistra colta, che non si vergogna di sostenere i "buoni ideali di giustizia e uguaglianza" del comunismo, da cui proviene.
Anche Barbero si porta bene. Può aderire con Zerocalcare (no dico, Zerocalcare) alla violenta censura di una casa editrice di una manifestazione che si chiama Più Libri e più liberi, senza far ridere tutti. Anzi convincendo della bontà di questa posizione un sindaco accorto come Gualtieri.
Dicono che la Meloni non abbia una classe dirigente. I suoi avversari hanno la pluricittadina Albanese e il censore Barbero. E si sentono superiori. Una gigantesca pernacchia, si meriterebbero.

